Onorevoli Colleghi! - Con la legge 25 giugno 1999, n. 205, è stato abolito il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale, previsto e punito dall'articolo 341 del codice penale, che recitava: «Chiunque offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni (...)» estendendo l'ipotesi a «chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale, e a causa delle sue funzioni (...)».
      Fu un errore ai limiti della irresponsabilità legislativa, al quale ora bisogna riparare: non si tratta di tutelare un privilegio, ma di riconoscere una funzione difficile, rischiosa e preziosa, che richiede il ritorno al senso dello Stato, anche in presenza dei vigenti articoli 342 e 343 del medesimo codice penale, che, rispettando le funzioni del corpo politico, amministrativo o giudiziario o di una pubblica autorità costituita in collegio nonché di un magistrato in udienza, meritevoli di ogni riguardo legislativo e sociale (cioè correlato al comune sentire), divengono fonte, nei fatti, di una sperequazione, certamente dai destinatari non voluta, tra i diversi soggetti incaricati di una pubblica funzione. Infatti è evidente la contrapposizione che si è venuta a creare tra tali soggetti, alcuni dei quali, non meno esposti al pericolo della violenza, anzi spesso operanti in frontiere più avanzate

 

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per la tutela della società degli onesti, sono stati esclusi dalla tutela penale in caso di oltraggio nei loro confronti.
      Se, comunque, non si è verificata una demotivazione da parte di chi deve curare e a spese proprie (tale è il ricorso al palliativo della querela di parte, quasi fossero un fatto privato l'onore e il decoro dello Stato!) il prestigio delle funzioni pubbliche, si renda grazie alla coscienza di questi uomini, protagonisti del dovere nel silenzio, attraverso molti disagi personali e familiari, e si riconosca di nuovo una «tutela completa».
 

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